SFC Preparativa: Sviluppo del Metodo

SFC Preparativa: Sviluppo del Metodo

Sviluppo del Metodo

Sviluppo del Metodo

Screening della Colonna

Prima di poter isolare cromatograficamente un composto target, è necessario sviluppare un metodo. Questa operazione viene in genere eseguita sulla scala analitica per risparmiare solvente, tempo e campione. Nella SFC non è possibile prevedere la ritenzione di singoli componenti di una miscela su una fase stazionaria definita. A differenza della procedura RPLC, l’identificazione della giusta composizione chimica della colonna è fondamentale per le separazioni SFC ed è il fattore più importante nello sviluppo del metodo SFC. È quindi importante affidarsi a una strategia di screening efficiente per massimizzare la qualità della separazione rispetto al target della purificazione. Lo sviluppo delle fasi stazionarie è attualmente molto dinamico e in futuro si potrebbero apprezzare le colonne con un numero ridotto di fasi stazionarie. Oggi la maggior parte degli utilizzatori adatta un processo di screening automatizzato utilizzando le colonne “migliori" per la propria applicazione.

Per determinare un set di colonne appropriato per lo screening, è necessario prendere in considerazione diversi fattori. Il rapporto L/dp (lunghezza/dimensione delle particelle) deve essere mantenuto tra la colonna analitica e l’eventuale colonna preparativa, pertanto è necessario prendere in considerazione solo colonne analitiche di dimensioni adeguate. In questo modo si garantisce la continuità della cromatografia tra i sistemi nello scale-up. Le colonne devono avere un ampio intervallo di selettività ed essere adeguate alla natura del campione. Per esempio, è probabile che composti altamente polari (come i carboidrati) non vengano trattenuti su una colonna C18, mentre una colonna in silice non è probabilmente ottimale per composti estremamente idrofobici (non polari, come la maggior parte dei carotenoidi). Le colonne possono essere classificate anche in base alla loro adeguatezza per composti basici o acidi, o per entrambi.

Per la purificazione chirale sono necessarie colonne chirali. A causa della più complessa interazione della fase stazionaria con i composti target, sono necessari ulteriori tentativi empirici per determinare la migliore colonna per le separazioni chirali. Tuttavia, alcune colonne hanno una percentuale di risultati superiore rispetto ad altre. Per esempio, le fasi chirali derivate da cellulosa e amilosio sono note per il loro ampio intervallo di applicabilità, mentre altre fasi chirali, come le fasi di tipo pirkle, sono note per la loro elevata stabilità chimica. Le fasi chirali possono essere utilizzate con successo anche per applicazioni achirali, in particolare con isomeri di posizione o composti strettamente correlati.

Lo screening delle colonne viene in genere eseguito in condizioni di gradiente di solvente, in genere comprese tra 2% e 50% di co-eluente. Queste condizioni danno all’utilizzatore una buona idea di quale colonna sarà ottimale per l’isolamento del composto target, fornendo al contempo una buona indicazione delle percentuali di co-eluente necessarie per l’eluizione del composto. La Figura 14 è un esempio di screening da colonna chirale per la separazione di (R) e (S)-goitrina (un prodotto naturale attivo presente nella radice di guado, Isatis indigotica Fort), utilizzando cinque fasi stazionarie a base di cellulosa e amilosio (IC, OJ-H, AS-H, OD-H e AD-H) e una fase stazionaria di tipo pirkle (S,S) -Whelk-O1.16 Un esempio di screening achirale è riportato nella Figura 15, in cui viene sottoposta a screening una miscela di tre carotenoidi su quattro fasi stazionarie achirali.17 Si noti che i carotenoidi vengono trattenuti meglio sulle fasi C18 e non sulle altre fasi più polari.

Figura 14. Esempio di screening di una colonna chirale. Cromatogrammi SFC con standard (R,S)-goitrina analizzati su sei diverse fasi stazionarie. Il gradiente era il seguente: 5-40% 10 min, mantenimento 40% 2 min, 40-5% 1 min, mantenimento 5% 2 min.
Figura 15. Esempio di screening di una colonna achirale. Cromatogrammi UV UPC2 della miscela di licopene, ß-carotene e luteina ottenuti utilizzando diverse colonne: (A) HSS C18 SB, (B) CSH Fluoro-Phenyl, (C) BEH 2-EP e (D) BEH. Le identità dei picchi sono: 1. Licopene; 2. ß-carotene; e 3. Luteina. Il gradiente era il seguente: 5-20% 5 min, mantenimento 20% 2 min, 20-5% 1 min.

Screening del Solvente

La CO2 da sola è generalmente insufficiente per l’eluizione di composti da una colonna cromatografica; per questo motivo, in genere viene aggiunto un co-eluente polare. La selezione del co-eluente è un parametro chiave nello sviluppo e nell’ottimizzazione dei metodi cromatografici SFC. Per la maggior parte delle applicazioni, è possibile applicare un’ampia gamma di co-eluenti e miscele per ottimizzare la separazione. L’intervallo di solventi compatibili nella SFC può sembrare eccessivo, tuttavia può essere semplificato accoppiando entrambe le estremità dello spettro di polarità: CO2 non polare con solventi organici altamente polari, che produce una fase mobile che copre un ampio intervallo di forza dei solventi.

I quattro co-eluenti più comunemente utilizzati sono metanolo, etanolo, isopropanolo e acetonitrile; il metanolo ha la polarità più forte, mentre l’acetonitrile più debole. In genere si consiglia l’uso di metanolo o etanolo per lo screening della colonna e lo screening iniziale del solvente. Isopropanolo e acetonitrile sono utili per ottimizzare il metodo o nei casi in cui l’etanolo o il metanolo non diano luogo a una risoluzione accettabile. Molte volte, le combinazioni di questi solventi possono regolare con precisione la polarità della fase mobile. Per esempio, l’aggiunta di acetonitrile all’etanolo indebolisce il co-eluente, aumenta la ritenzione e fornisce una selettività diversa. Di solito, al diminuire della forza del co-eluente, aumenta la ritenzione. Inoltre, proprio come nella LC, all’aumentare della percentuale di solvente forte, la ritenzione diminuisce (Figura 16). A volte, tuttavia, a causa della bassa viscosità della CO2, la velocità di flusso totale può essere aumentata (alla stessa percentuale di co-eluente) con conseguente abbreviazione del tempo di analisi pur mantenendo la separazione (Figura 17).

Figura 16. Effetto della percentuale di co-eluente sulla ritenzione.
Figura 17. Effetto della velocità di flusso totale sulla cromatografia.

Additivi nel Co-Eluente

Picchi più nitidi e migliore risoluzione sono importanti nella cromatografia preparativa, in cui picchi ampi e scarsa solubilità possono avere risultati disastrosi per la produttività. Lo scodamento dei picchi nella SFC può essere soppresso con l’uso di additivi nella porzione co-eluente della fase mobile, che estende l’intervallo di soluti suscettibili di una fase mobile basata su CO2.

Utilizzando la CO2 come solvente cromatografico si ottiene una fase mobile leggermente acida se associata ad altri solventi organici polari. Poiché una fase mobile a base di CO2 è leggermente acida, molti composti acidi e neutri presentano forme dei picchi accettabili senza la necessità di un additivo per la fase mobile. Tuttavia, gli additivi acidi possono migliorare la forma dei picchi per alcuni composti acidi (Figura 18). Additivi acidi comuni sono l'acido trifluoroacetico, l'acido formico e l'acido acetico. Le applicazioni contenenti composti basici in genere richiedono un additivo basico (di solito tra 0,1 e 1%) per migliorare la cromatografia (Figura 19). Gli additivi basici comuni sono ammine secondarie o terziarie come isopropilammina (IPA), dietilammina (DEA) o trietilammina (TEA). Questi additivi sono estremamente efficaci anche a concentrazioni molto basse (fino a 0,01% nel co-eluente), tuttavia possono interferire con la rivelazione MS e possono presentare effetti memoria su alcuni tipi di colonna (in particolare silice nuda). Di conseguenza, vengono utilizzati anche acetato di ammonio e idrossido di ammonio, poiché sono più compatibili con le colonne e con la MS e possono persino migliorare il segnale MS.

Oltre ai co-eluenti classici, molte nuove colonne sono compatibili con co-eluente o additivi non classici, tra cui acetato di etile, tetraidrofurano, diclorometano, cloroformio o dimetossimetano. Queste combinazioni consentono di modulare ulteriormente i tempi di ritenzione e la selettività, migliorando nel contempo la solubilità del campione. Un additivo non classico che sta guadagnando popolarità è l’acqua. L’acqua è immiscibile con la CO2; tuttavia, se utilizzata come additivo in un co-eluente fortemente polare (come il metanolo), l’acqua diventa una scelta eccellente per aumentare la solubilità e la forma dei picchi dei composti idrofili della SFC. La quantità di acqua tollerabile dipende dalla percentuale di co-eluente nella fase mobile totale. Alla fine, si osserverà rumore di fondo a causa della separazione di fase (immiscibilità) nella fase mobile. In genere è possibile utilizzare efficacemente dall’1% al 5% di acqua nel co-eluente polare. Con l’acqua come additivo, i composti più polari possono essere purificati con Prep SFC.

Ai fini della purificazione, è meglio evitare l’uso di additivi che devono essere rimossi a valle. Se per la separazione sono necessari additivi, utilizzare additivi volatili che possono essere facilmente rimossi alla concentrazione efficace più bassa. In alternativa, ora sono disponibili nuove fasi stazionarie che riducono la necessità di additivi, il che fornisce un vantaggio significativo alla Prep SFC.

Figura 18. Effetto degli additivi acidi sulla forma dei picchi e sulla risoluzione dei composti acidi.
Figura 19. Effetto dell’additivo basico sulla forma dei picchi e sulla risoluzione dei composti basici.

Densità: Temperatura e Pressione

Densità: Temperatura e Pressione

La solubilità e il fattore di ritenzione di tutti i composti sono strettamente correlati alla densità del fluido.

La densità della fase mobile lungo la colonna è di grande importanza perché controlla le proprietà fisiche e chimiche della fase mobile. Una caratteristica interessante della SFC è la capacità di controllare la densità della fase mobile tramite temperatura e pressione. Mentre la scelta della colonna e della fase mobile ha il maggior impatto sulla separazione in SFC, temperatura e pressione sono utilizzate per regolare con precisione o ottimizzare una separazione. Tra i due parametri, la pressione ha la maggiore influenza sulla cromatografia; all’aumentare della pressione aumenta la densità, che in genere si traduce in una riduzione del tempo di ritenzione e della risoluzione (Figura 20). Temperature più elevate comportano invece una minore densità e tempi di ritenzione più lunghi. Con la temperatura, tuttavia, l’effetto dipende dal composto e può comportare una modifica della risoluzione, o persino dell’ordine di eluizione per composti che eluiscono in modo ravvicinato; questo è stato osservato più frequentemente per le separazioni chirali (Figura 21).

La pressione viene controllata tramite un regolatore di contro-pressione (BPR) che imposta la “contro-pressione” del sistema a valle della colonna. Anche se i sistemi sono progettati per un ampio intervallo di pressioni (fino a 400 bar), in Prep SFC il regolatore di contro-pressione è impostato in genere tra 100 e 200 bar (1450-2901 psi). Le temperature sono controllate da punti di regolazione tramite forno (riscaldamento della colonna) o scambiatori di calore (riscaldamento della fase mobile).

 I valori impostati tipici della temperatura sono compresi tra 40 e 60 °C. Alcune applicazioni vengono eseguite in condizioni subcritiche (CO2 liquida), in cui le temperature sono impostate su un valore inferiore tra 25 e 35 °C, mentre la pressione è mantenuta relativamente elevata. Si sconsiglia di eseguire analisi a pressioni e temperature vicine al punto critico perché, in tali condizioni, piccole variazioni di temperatura o pressione comportano ampie variazioni di densità (e cromatografia). I limiti di temperatura e pressione sono in genere correlati alla robustezza della fase stazionaria della colonna o all’impaccamento.

Figura 20. Effetto della pressione sulla ritenzione e sulla risoluzione.
Figura 21. Effetto della temperatura sulla ritenzione e sulla risoluzione.

Ottimizzazione delle Condizioni della Fase Mobile

La scelta della combinazione ottimale di solvente e colonna dipende in genere dall’applicazione o dall’obiettivo specifico. In uno scenario perfetto, il caricamento elevato, la buona risoluzione e la separazione rapida si combinano per fornire il recupero completo del target a purezza elevata. In realtà, tuttavia, è necessario trovare un compromesso per determinare la soluzione più produttiva. Per esempio, i picchi possono essere ben separati (permettendo un caricamento elevato) ma richiedere un tempo di analisi più lungo. D’altro canto, una buona separazione con un tempo di analisi significativamente più breve consentirebbe un tempo di ciclo più rapido, ma possibilmente con un caricamento inferiore. Un’altra considerazione riguarda il processamento a valle o il recupero delle frazioni, in cui la quantità o il tipo di solvente può rappresentare un fattore importante. Infine, se la separazione può essere eseguita in condizioni isocratiche, è possibile utilizzare iniezioni sovrapposte, migliorando notevolmente la produttività. Una volta selezionati una colonna e un solvente, è possibile manipolare altri parametri per ottimizzare la separazione prima dello scale-up e della purificazione.

Ottimizzazione delle condizioni del gradiente: in SFC, i gradienti focalizzati non funzionano come in RPLC. A causa dei numerosi meccanismi di ritenzione concorrenti nella cromatografia in fase diretta, le variazioni del gradiente possono avere effetti disparati sulla ritenzione di diversi analiti. Nella SFC, in particolare, si verifica anche una variazione di densità e caduta di pressione che accompagna l’aumento del co-eluente attraverso il gradiente. All’aumentare della quantità di co-eluente, l’effetto sul tempo di ritenzione non è lineare, rendendo difficile la previsione della selettività dei composti al variare delle condizioni. Per composti strutturalmente simili questo è un problema minore, poiché seguono meccanismi di ritenzione simili. I campioni che contengono miscele di composti strutturalmente diversi (in una matrice, per esempio) rappresentano una sfida maggiore. In generale, tuttavia, gradienti più superficiali comportano tempi di ritenzione più lunghi e una migliore risoluzione.

Determinazione delle condizioni isocratiche: i metodi isocratici sono ideali perché sono facili da sviluppare sulla base dei risultati dello screening e possono essere utilizzate iniezioni sovrapposte, migliorando la produttività. Utilizzando il tempo di ritenzione, la pendenza del gradiente di screening e compensando il tempo di attesa del volume della colonna e del sistema, è possibile determinare le percentuali di co-eluente all’eluizione. Nella SFC il miglior punto di partenza per l’ottimizzazione è in genere inferiore del 5% rispetto alla percentuale calcolata.

Il gradiente di screening era compreso tra 2 e 20% in 5 minuti e il tempo di attesa del gradiente era di 0,46 min (determinato in precedenza). Pertanto, con una pendenza calcolata di 3,6%/min e una percentuale di partenza del 2%, la percentuale di co-eluente all’eluizione del primo picco a 4,12 minuti è stata calcolata utilizzando la seguente equazione:

■ % di co-eluente all’eluizione = (tempo di ritenzione - tempo di attesa del gradiente) x pendenza del gradiente + % iniziale

■ % di co-eluente all’eluizione = (4,12 min - 0,46 min) x 3,6%/min + 2%

■ % di co-eluente all’eluizione = 15%

Pertanto, dopo aver sottratto il 5%, sono state utilizzate condizioni isocratiche del co-eluente al 10% come punto di partenza per l’ottimizzazione. La cromatografia risultante ha mostrato una buona separazione; ma aumentando la frazione di co-eluente della fase mobile al 15%, i picchi erano ancora ben risolti con un tempo di analisi più breve. In questo caso, il metodo al 10% consentirebbe un caricamento maggiore, mentre il metodo al 15% consentirebbe tempi di ciclo più rapidi.

Scelta di un Sistema Preparativo

Scelta di un Sistema Preparativo

Scala del Sistema

Per Prep SFC sono disponibili strumenti in grado di funzionare a velocità di flusso comprese tra 2 mL/min e diverse centinaia di mL/min per soddisfare i requisiti di funzionamento su varie scale. In un workflow adeguato, la scala della purificazione deve corrispondere all’obiettivo dell’applicazione. Ciò è particolarmente importante quando il campione è limitato o ha una bassa solubilità. In tale situazione, un sistema di purificazione su scala ridotta (semi-preparativo) è più pratico. Nella SFC le purificazioni su piccola scala vengono in genere eseguite su colonne con diametro interno compreso tra 4,6 mm e 10 mm, a velocità di flusso comprese tra 3 e 20 mL/min. Di seguito è riportata una tabella che abbina le dimensioni della colonna alle velocità di flusso e alla capacità di caricamento approssimata nella Prep SFC (Tabella 5). È importante notare che la capacità di caricamento di un particolare campione dipende da molti fattori tra cui la solubilità, la risoluzione del target e la quantità relativa di composto target rispetto alla matrice.

Diametro interno colonna particelle da 5 µm

Intervallo di velocità di flusso

Caricamento (per iniezione)

4,6 mm

3-6 mL/min

Fino a 1 mg

10 mm

10-20 mL/min

Fino a 5 mg

19 mm

50-100 mL/min

Fino a 100 mg

30 mm

100-200 mL/min

Fino a 300 mg

50 mm

250-350 mL/min

Fino a 800 mg

Tabella 5. Tabella con diametro interno della colonna, velocità di flusso e capacità di caricamento stimata per iniezione.

I sistemi Prep SFC su larga scala utilizzano colonne con diametro interno di 18-50 mm a velocità di flusso comprese tra 50 e 350 mL/min. La maggiore capacità della colonna consente un maggior caricamento per iniezione e velocità di flusso più elevate, ottimizzando la produttività per tali applicazioni. Nel mondo onnicomprensivo della purificazione, questi sistemi sono considerati di media scala. In molti processi industriali consolidati vengono utilizzati sistemi Prep SFC su larga scala (non trattati in questo documento). Questi utilizzano colonne cromatografiche a compressione assiale dinamica (DAC) di dimensioni molto grandi (diametro interno pari o superiore a 30 cm) e sono generalmente utilizzate come strutture dell’impianto.

Workflow: in Lotto o in Batch

A seconda dell’applicazione, in Prep SFC vengono utilizzati due workflow di base. Il primo è denominato purificazione in lotto. In questo workflow un singolo campione di grandi quantità viene iniettato più volte fino a quando non viene recuperata la quantità richiesta di target o fino all’esaurimento del campione. Tutte le frazioni raccolte corrispondenti vengono raggruppate in un numero limitato di flaconi di raccolta. Le quantità totali di materiale vengono processate e recuperate nel corso di diverse ore (o talvolta anche giorni). In genere si tratta di purificazione diretta ai raggi UV, sebbene possano essere utilizzati altri metodi di rivelazione. In questo caso, in genere i campioni sono ben caratterizzati e compresi e l’obiettivo è un’elevata produttività.

Per molte applicazioni in lotto si utilizzano iniezioni sovrapposte. Le iniezioni sovrapposte migliorano significativamente la produttività utilizzando tutto lo spazio cromatografico disponibile per la separazione e la purificazione continue. In sostanza, le iniezioni sovrapposte riducono l’intervallo tra i cicli di iniezione e minimizzano ulteriormente l’utilizzo di solvente. Un esempio di iniezioni sovrapposte è riportato nella Figura 22. In alcune applicazioni è possibile eseguire diverse iniezioni prima dell’eluizione della prima serie di picchi. Affinché le iniezioni sovrapposte possano essere utilizzate, il sistema deve essere in grado di eseguire iniezioni durante le raccolte. Pertanto, viene utilizzato un modulo di iniezione separato o un sistema in grado di spostare in modo autonomo i gruppi di raccolta e iniezione (aghi e sonde).

Figura 22. Iniezioni sovrapposte e raccolte di enantiomeri del flurbiprofene.

Per purificazione in lotti si intende un workflow più pratico per la purificazione delle librerie o quando sono presenti più campioni con più target da purificare. In genere si utilizza la purificazione diretta sulla massa perché è più selettiva nella raccolta delle frazioni. Con la purificazione diretta otticamente (o UV), i picchi non possono essere distinti l’uno dall’altro dal rivelatore. Molti composti assorbono alla stessa lunghezza d’onda. La purificazione diretta sulla massa raccoglie le frazioni in base alla massa, che è un parametro molto più specifico perché distingue tra i target ed eventuali impurezze. Ciò è particolarmente utile quando i campioni hanno matrici complesse, non sono ben caratterizzati o non possono essere rivelati tramite UV perché privi di cromofori. In genere, i metodi a gradiente vengono utilizzati per migliorare la forma dei picchi e separare meglio i composti da interferenze complesse. Questo workflow utilizza la raccolta open-bed in più provette; in genere ogni provetta costituisce una singola frazione. I campioni vengono analizzati come un “lotto” e i composti target vengono raccolti in base alle rispettive masse. La purificazione dei lotti può essere eseguita anche utilizzando trigger solo UV o UV e MS. Un esempio di purificazione basata su MS di composti target da prodotti naturali è illustrato nella Figura 23.

Figura 23. Purificazione basata su MS di composti target da prodotti naturali, tra cui: (A) estratto di bacche di schisandra e (B) estratto di radice dell’angelica cinese (Dang Gui).

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