Guida alla Cromatografia Liquida per Principianti
Cos’è l’HPLC (Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni)?
Breve Storia e Alcune Definizioni
La cromatografia liquida (LC) è stata definita all’inizio del 1900 mediante il lavoro del botanico russo Mikhail S. Tswett. I suoi studi pionieristici si sono concentrati sulla separazione di composti [pigmenti delle foglie] estratti dalle piante tramite un solvente, in una colonna impaccata con particelle.
Tswett ha riempito di particelle una colonna di vetro aperta. Considerava utili due materiali specifici, vale a dire il gesso in polvere [carbonato di calcio] e l’allumina. Ha versato il campione [estratto di foglie di piante omogeneizzate mediante solvente] nella colonna, facendolo passare nel letto di particelle, seguito da solvente puro. Mentre il campione attraversava la colonna per gravità, si poteva osservare la separazione di bande di colore diverso poiché alcuni componenti si muovevano più velocemente di altri. Ha collegato queste bande separate di colore diverso ai vari composti originariamente contenuti nel campione. Aveva creato una separazione analitica di tali composti in base alla diversa forza di attrazione chimica esercitata da ciascun composto sulle particelle. I composti maggiormente attratti dalle particelle rallentavano, mentre gli altri composti maggiormente attratti dal solvente si spostavano più rapidamente. Questo processo può essere descritto come segue: i composti contenuti nel campione si distribuiscono o si suddividono in modo diverso tra il solvente in movimento, denominato fase mobile, e le particelle, vale a dire la fase stazionaria. In questo modo i composti si muovono a una velocità diversa e si separano.
Tswett ha coniato il nome cromatografia [dalle parole greche chroma, che significa colore, e graphein, che significa scrittura, letteralmente scrittura a colori] per descrivere l’esperimento con i colori. [Curiosamente, il nome russo Tswett significa colore.] Oggi la cromatografia liquida, nelle sue varie forme, è divenuta uno degli strumenti più efficaci della chimica analitica.
Tecniche di Cromatografia Liquida (LC)
La cromatografia liquida può essere eseguita utilizzando tecniche planari [Tecniche 1 e 2] o su colonna [Tecnica 3]. La cromatografia liquida su colonna è la più efficace e presenta la capacità di campionamento maggiore. In tutti i casi, il campione deve prima essere dissolto in un liquido che viene quindi trasportato sul dispositivo cromatografico o all’interno di esso.
Tecnica 1.Il campione viene applicato, quindi attraversa un sottile strato di particelle cromatografiche [fase stazionaria] fissate sulla superficie di una piastra di vetro [Figura B]. Il bordo inferiore della piastra è immerso in un solvente. Il flusso viene creato per azione capillare quando il solvente [fase mobile] si diffonde nello strato di particelle secche e risale la piastra di vetro. Questa tecnica è denominata cromatografia su strato sottile o TLC.
Da notare che il campione nero è una miscela di coloranti FD&C giallo, rosso e blu separati per via cromatografica.
Tecnica 2. Nella Figura C i campioni vengono applicati su carta [fase stazionaria]. Il solvente [fase mobile] viene quindi aggiunto al centro del punto per creare un flusso radiale verso l’esterno. Si tratta di una forma di cromatografia su carta. [La cromatografia classica su carta viene eseguita in modo simile alla TLC con flusso lineare.] Nell’immagine in alto lo stesso campione di colorante FD&C nero viene applicato alla carta.
Da notare la differenza nel potere di separazione di questa carta specifica rispetto alla piastra TLC. L’anello verde indica che la carta non è in grado di separare i coloranti giallo e blu tra loro, ma potrebbe separarli dai coloranti rossi. Nell’immagine in basso alla carta viene applicato un campione verde, costituito dagli stessi coloranti giallo e blu. Come prevedibile, la carta non è in grado di separare i due coloranti. Al centro, sulla carta è stato applicato un campione viola, composto da coloranti rosso e blu. Sono ben separati.
Tecnica 3.Questo è l’approccio più efficace e il campione attraversa una colonna o un dispositivo a cartuccia contenente particelle appropriate [fase stazionaria]. Queste particelle sono denominate materiale di impaccamento cromatografico. Il solvente [fase mobile] fluisce attraverso il dispositivo. Nell’estrazione in fase solida [SPE] il campione viene caricato sulla cartuccia e il flusso di solvente trasporta il campione attraverso il dispositivo. Come nell’esperimento di Tswett, i composti del campione vengono quindi separati dato il loro spostamento a velocità diverse attraverso il dispositivo. Qui il campione nero viene caricato su una cartuccia. In ogni passaggio vengono utilizzati solventi diversi per creare la separazione.
Quando si utilizza il formato con cartuccia, esistono diversi modi per ottenere il flusso. La gravità o il vuoto possono essere utilizzati per colonne non progettate per resistere alla pressione. In genere, in questo caso le particelle hanno un diametro maggiore [>50 micron] per cui la resistenza al flusso è minore. Le colonne di vetro aperte [esperimento di Tswett] ne sono un esempio. Inoltre, colonne di plastica di piccole dimensioni, in genere aventi la forma del corpo di una siringa, possono essere riempite con particelle di materiale di impaccamento per eseguire la preparazione dei campioni. Questa operazione è denominata estrazione in fase solida [SPE]. In questo caso, viene utilizzato il dispositivo cromatografico denominato cartuccia, in genere con flusso vuoto-assistito, per pulire un campione molto complesso prima di un’ulteriore analisi.
Per migliorare il potere di separazione sono necessarie particelle di dimensioni inferiori [<10 micron]. Tuttavia, le particelle più piccole hanno una maggiore resistenza al flusso, quindi sono necessarie pressioni più elevate per creare la velocità di flusso desiderata per il solvente. Sono necessarie pompe e colonne progettate per resistere a pressioni elevate. Quando si utilizza una pressione da moderata ad alta per far scorrere il solvente attraverso la colonna cromatografica, la tecnica è denominata HPLC.
Cos’è la Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni (HPLC)?
L’acronimo HPLC, coniato dal defunto prof. Csaba Horváth per il suo articolo sul Pittcon del 1970, in origine indicava il fatto che veniva utilizzata l’alta pressione per generare il flusso necessario per la cromatografia liquida in colonne impaccate. All’inizio le pompe avevano una pressione di soli 500 psi [35 bar]. Questa tecnica era denominata cromatografia liquida ad alta pressione o HPLC. All’inizio degli anni ‘70 la tecnologia ha fatto enormi passi avanti. Questi nuovi strumenti HPLC potevano sviluppare una pressione massima di 6000 psi [400 bar] e incorporavano iniettori, rivelatori e colonne migliorati. L’HPLC ha iniziato a prendere piede tra la metà e la fine degli anni ‘70. Dati i continui progressi prestazionali di questo periodo [particelle più piccole, pressione sempre maggiore], l’acronimo HPLC è rimasto invariato, ma il nome è stato cambiato in cromatografia liquida ad alte prestazioni.
Al momento la cromatografia liquida ad alte prestazioni è uno degli strumenti più efficaci della chimica analitica. È in grado di separare, identificare e quantificare i composti presenti in qualsiasi campione che può essere disciolto in un liquido. Oggi è possibile identificare facilmente composti in concentrazioni microscopiche a partire da parti per trilione [ppt]. L’HPLC è stata e può essere applicata praticamente a qualsiasi campione, per esempio prodotti farmaceutici, alimentari, nutraceutici, cosmetici, matrici ambientali, campioni forensi e sostanze chimiche industriali.
Cos’è la Cromatografia Liquida UltraPerformance (Tecnologia UPLC)?
Nel 2004, sono stati fatti ulteriori passi in avanti nell’ambito della strumentazione e della tecnologia delle colonne per conseguire notevoli miglioramenti in termini di risoluzione, velocità e sensibilità nel campo della cromatografia liquida. Per raggiungere un nuovo livello prestazionale erano necessarie colonne con particelle più piccole [1,7 micron] e strumentazione con funzionalità speciali progettate per erogare la fase mobile a 15 000 psi [1000 bar]. È stato necessario creare un nuovo sistema a livello olistico per eseguire la cromatografia liquida a prestazioni ultra alte, ora nota come tecnologia UPLC.
Oggi la ricerca di base viene condotta da scienziati che lavorano con colonne contenenti particelle ancora più piccole del diametro di 1 micron e strumentazione in grado di funzionare a 100 000 psi [6800 bar]. Rappresenta un’anteprima di ciò che potremmo aspettarci in futuro.
In questo Primer
Cos’è l’HPLC (Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni)
Come Funziona la Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni (HPLC)?